Storia delle fortificazioni
Il Regno
All’arrivo dei Normanni, che inizialmente prestarono i loro servigi come mercenari a bizantini e longobardi costantemente in guerra tra loro, il Meridione era suddiviso tra Bisanzio, che controllava buona parte della Puglia, della Calabria e della Basilicata, i Principati Longobardi di Capua, Benevento e Salerno, i ducati bizantini di Napoli, Amalfi, Sorrento e Gaeta e la Sicilia, sotto il controllo musulmano. Con l’unificazione operata dal normanni si realizzò la prima divisione amministrativa del Regno, che fu in parte demaniale ed in parte feudale; il servizio feudale consisteva nella fornitura di un’aliquota di miles ognuno a 20 once d’oro dei redditi prodotti dal feudo. Il Catalogo dei Baroni, comprendente l’elenco di tutti i feudi, si rivela molto utile per capire l’importanza di ciascuno di essi in rapporto al numero dei armati forniti, oltre a dare una visione dei castelli presenti, molti oggi scomparsi. L'impianto difensivo di tipo normanno quasi sistematicamente si sovrappone, nei centri di fondazione longobarda, a quello realizzato da questi ultimi, riattandolo ed adeguandolo. Del resto quello della sovrapposizione degli schemi sullo stesso sito di origine è un fenomeno che avrà una durata di almeno quattro secoli e che si concluderà dopo il medioevo, con la dominazione aragonese. Abilissimi nella realizzazione di fortificazioni campali, di sovente usate negli assedi di cui è costellata la storia della loro espansione nel Mezzogiorno, i normanni introducono un modello di chiara ispirazione nordica, o meglio settentrionale francese, quello della motta, trasponendolo ed adattandolo alla diversa morfologia dei territori sottomessi. Inoltre con Ruggero II, progressivamente all’acquisizione di nuovi territori, furono costruite molte altre torri e castelli. Con l’organizzazione feudale normanna, dall’ XI secolo, si consolida il processo di incastellamento, che è sia difensivo che, soprattutto, di gestione amministrativa e controllo territoriale.
Molte delle aree di confine sono nuovamente interne e questo porta alla perdita della loro specifica funzione difensiva, ma non necessariamente del loro ruolo militare di controllo dei valichi o dei flussi cinematici o infine delle via d’ acqua, o quasi sempre di tutti questi elementi insieme. Il carattere strutturale dell’ organizzazione feudale porta ad una specializzazione del sistema dei casali, ed alla unificazione dei sistemi territoriali, con l’edificazione delle rocche e dei borghi caastellari capaci di contenere armati e di sostenere assedi dando rifugio alla popolazione, ma anche di controllare i territorio agricolo e di costituire tappa per i viaggiatori. Alla Rocca troviamo infatti collegati abitati di piccole dimensioni, intorno a dieci- venti casaline, cinti da mura turrite che alla rocca si ricollegano, capaci di controllare dall’alto la rete stradale che ora stava riformandosi in funzione delle nuove gravitazioni, più a scala locale e meno legate a Roma, mentre sta ormai emergendo la polarità di Napoli. Lo sviluppo delle città sedi dei principali comites normanni, come Ariano o Avellino o Capua, Aversa o appunto Napoli, Salerno, come Melfi in Basilicata, lega insieme questi due elementi la grandezza della rocca e la qualità della città centro del potere che intorno a questa comunque, come nei centri di minore dimensione, si sviluppa seguendo l’ orografia. Rimane questo un punto specializzato in un sistema insediativo ancora fortemente frammentato, ancora nella forma “ a casali” che non solo non scompare, ma mostra ancora fino al XVIII secolo una forte vivacità, con la continua nascita e abbandono di casali a differente fortuna evolutiva.
Questo sistema ha nella suddivisione territoriale e nella gerarchizzazione feudale il proprio motivo ordinatore e nella identificazione della funzione di governo e di quella difensiva in un unico organismo architettonico e urbano, il Castello, e apre così quella dialettica tra la città e il castello che nel centro Italia avrà significativi effetti nella formazione dei liberi comuni. Nell’Italia meridionale, ormai stabilmente strutturata come Regno unitario con una Capitale, che dall’età angioina sarà definitivamente a Napoli, e dei capoluoghi, risentirà semmai delle dinamiche di formazione di stati feudali analoghi a quelli degli altri regni similari del centro Europa, che però qui non si formano forse proprio per l’ accentuazione statalista e centralizzata che già con Federico II si impone al Regno e che comporta semmai la dialettica tra terre demaniali e terre feudali, e similmente tra castelli demaniali e castelli feudali.
Concreto simbolo del rinnovato potere politico e strumento per la pratica detenzione di esso sulle popolazioni conquistate, l'opera fortificata era adatta a fronteggiare le minacce esterne ed assolveva anche a funzioni abitative del feudatario o cavaliere. L'impianto di tipo centrale, con un'unica grossa torre, a sezione prevalentemente quadrata, si evolverà per quanto concerne le tecniche costruttive, passando da quelle provvisionali con l'ampio utilizzo di legno e terra a quelle più stabili, in muratura, proprio in considerazione dei caratteri e delle possibilità offerte dal diverso contesto ambientale entro cui andrà a collocarsi. Espressioni significative di questo periodo sono i dongioni a pianta quadrangolare di Rupecanina, Caiazzo, Pietramelara e Capua in Terra di Lavoro, Ariano Irpino e Cervinara in
Irpinia, e gli impianti, a sezione circolare, di Montella e Torella dei Lombardi (AV). Uno dei primi provvedimenti adottati dall’Imperatore Federico II di Svevia dopo la sua incoronazione (1220) previde la completa distruzione di tutti castelli realizzati nel Regno dopo la morte di Guglielmo II, avvenuta nel 1189. A seguito di ciò furono demoliti, tra gli altri, la Rocca Janula presso Cassino ed il castello del Carpinone nella contea del Molise. I feudatari principali consegnarono inoltre all’imperatore alcuni importanti castelli o città posti a controllo di valichi o strade, ad esempio l’abate di Montecassino fu costretto a cedere Atina e Rocca d’Evandro, due elementi strategicamente importanti per il controllo delle due strade che partivano da Cassino. Il conte di Fondi cedette Mondragone, Sessa e Teano. Lo Statutum de Reparatione Castrorum, emanato nel 1231, comprendeva un elenco di strutture (circa 225) classificate Castra e Domus Solaciorum (in numero prevalente le prime); si trattava in gran parte di costruzioni antecedenti all’arrivo dello Svevo, la cui manutenzione venne gestita con la creazione dell’ufficio dei Provisores castrorum. Dei molti castelli imperiali, alcuni, a causa della loro importanza strategica, spesso a protezione dei confini settentrionali del Regno, rimasero sempre sotto il diretto controllo statale; è questo il caso dei due castelli di Napoli, di Ischia, Sora, Rocca d’Arce, Aversa, Capua, Rocca Janula, Fontana Liri, Pico, Lenola, Monticelli e Rocca Janula. Numerose nuove fortificazioni vennero costruite in età sveva, contribuendo alla realizzazione di vere e proprie catene di castelli, secondo una concezione strategica unitaria e preordinata, che attraverseranno in senso longitudinale e trasversale tutto il Regno. Tra queste particolarmente ricca era quella adriatica che comprendeva i castelli di Monte S. Angelo, Manfredonia, Barletta, Trani, Bisceglie, Bari, Brindisi ed Otranto. La Puglia e la Campania erano collegate da una linea interna che comprendeva Lucera, Castel del Monte, Melfi, Lagopesole, Benevento e Napoli. Un’altra linea difensiva si ricongiungeva alla Calabria, allineando i castelli di Bari, Gioia del Colle, Gravina di Puglia, Cosenza, Nicastro, Vibo Valentia e Reggio Calabria. L'architettura militare sveva, succeduta rapidamente a quella normanna, si differenzia da questa innanzitutto per l'impianto diverso, con torri quadrate e più raramente circolari, ai vertici ed in posizione intermedia di uno schema quadrato o rettangolare, anch'esso tutto sommato concettualmente assai semplice. Il modello svevo si distingue per la pressoché totale indipendenza dai caratteri dei luoghi d'impianto, ben diversamente da quanto avveniva per le opere longobarde e normanne. Per quanto concerne le presunte influenze orientali che avrebbero condizionato Federico II nell'adozione di talune scelte progettuali, il modello Teutonico, conseguenza della prolungata permanenza in Germania dell'Imperatore, ben più lunga di quella in Terrasanta, è sicuramente più evidente nei manufatti realizzati. E' indubbio comunque che con l'epoca federiciana anche l'architettura acquisisce caratteri di equilibrio e rigore formale, oltre all'introduzione di alcuni elementi decorativi nella stessa tipologia militare, fattori sostanzialmente assenti in precedenza. Contrariamente a quanto si pensa alcuni interessanti esempi di architettura difensiva di epoca sveva possono oggi ancora individuarsi sul territorio della Campania. In particolare, oltre al castello di S. Agata dei Goti, dove è possibile riconoscere, nonostante le notevoli trasformazioni subite, il caratteristico impianto svevo, la fortificazione più significativa che si conserva di tale periodo è senza dubbio il castello di S. Felice a Cancello. La struttura difensiva presenta il canonico impianto
quadrilatero con torri a pianta quadrata ubicate ai vertici del perimetro difensivo oltre ad una quinta torre fiancheggiante l'ingresso. Le torri, fuoriuscenti completamente dal filo delle cortine, erano in grado di esercitare non solo con straordinaria efficacia il principio della difesa di fiancheggiamento ma anche, grazie all'inusuale basamento a “sperone”, di eliminare qualsiasi settore defilato. L’antagonismo tra il Papato e l’Impero com’è noto sfociò nel conflitto con gli angioini che prevalsero nel 1266. L'arco temporale della presenza tedesca, che coincide sostanzialmente con quella di Federico II è assai circoscritto, soprattutto se rapportato a quello successivo angioino, che avrà invece una durata di circa 180 anni. Anche il governo angioino, come era avvenuto con gli Svevi, dovette affrontare le spinte autonomiste dei baroni. Inoltre il periodo della dominazione francese è caratterizzato per quasi tutta la sua durata dal confronto con gli aragonesi che si insediano in Sicilia nel 1285, ma anche dall'oscura e tormentata fase della contrapposizione fra il ramo originario e quello di Durazzo. La fase della dominazione angioina si contraddistingue inoltre per il rinnovarsi ed il consolidarsi del sistema feudale, infatti Carlo I d’Angiò investì un gran numero di feudatari ai quali concesse città e castelli sottratti ai sostenitori della causa sveva. L’invasione siciliana della Calabria vide la fiera opposizione degli angioini, che utilizzarono a tale scopo le favorevoli condizioni naturali offerte dalle montagne del Cilento; un ruolo essenziale fu giocato anche dalle fortificazioni preesistenti situate in posizioni strategicamente favorevoli. Vanno menzionate per la loro importanza le fortificazioni di Policastro, Roccagloriosa, Torre Orsaia, Castel Ruggero; nelle valli del Lambro e del Mingardo fu fortificato il castello della Molpa posto a dominio di entrambe e del mare; furono potenziate le posizioni di Castelluccio di San Severino e di Castellmmare della Bruca; e poi Castelnuovo, Gioi e Novi, Rocca Cilento, Castelcivita, Roccadaspide, Castel S. Lorenzo, S. Angelo a Fasanella, Corleto Monforte, Laurino. Un’altra direttrice di attacco verso Salerno e Napoli era attraverso il vallo di Diano, la pianura di Paestum e la valle del Sele. Qui c’erano i castelli di Padula, Sala Consilina, Teggiano, Caggiano, Auletta, Capaccio, Altavilla Silentina, che si integravano con quelli, dell’altra linea difensiva, di Campagna, Olevano, Montecorvino, Giffoni, Eboli e Castelvetrano. Salerno era considerata inespugnabile con le sue fortificazioni. Inoltre la costa a nord della città era protetta dalle fortificazioni di Pogerola, Tramonti, Scala e Ravello, mentre un attacco alle spalle di Salerno attraverso una sbarco alle foci del Sarno poteva essere dissuaso dai castelli di Castellammare, Nocera, Sarno, Rocca Piemonte e Mercato S. Severino.

Molto importante fu l’opera di trasformazione ed aggiornamento, in funzione anche dell’evoluzione delle nuove tecniche di offesa e difesa, dei vecchi castelli pugliesi effettuata da Carlo I d’Angiò. Notevole fu il contributo, da questo punto di vista, dei protomagister, soprattutto francesi, borgognoni e provenzali, che introdussero nuove linee guide nella progettazione e realizzazione delle opere difensive che si affiancarono, non soppiantandole, alle tradizionali forme delle maestranze pugliesi a servizio degli svevi. Si ricordano in particolare le figure di Riccardo da Foggia, Pierre d’Agincourt e Jean de Toul. A Pierre d’Angicourt si deve la costruzione, nell’intervento angioino a Lucera che ebbe inizio nel settembre del 1270, delle due torri cilindriche denominate “Della Regina” e “Della Leonessa” la prima di diametro ed altezza superiori alla seconda. Il nuovo impianto di queste due torri, diverso da quello fino ad allora adottato, quadrilatero o pentagonale, è stato messo in relazione alla produzione riscontrabile in Francia settentrionale successiva al mastio del Louvre di Filippo Augusto. Particolarmente interessante, nella torre Della Leonessa, quanto resta dell’apparato a sporgere, riferito alle mensole in pietra per il sostegno dell’impalcato ligneo (come a Carcassonne) per la difesa piombante, che da lì a breve sarà abbandonato a favore di quello in muratura resistente agli incendi.
Il XIV secolo fu caratterizzato da gravi eventi tra i quali si ricordano l’invasione ungherese, le guerre civili, il brigantaggio, il terremoto del 1349 che apportò notevoli danni a molti centri abitati della parte settentrionale del regno. Tutti questi fenomeni influirono negativamente anche sullo stato delle fortificazioni tenute operative dagli svevi e dagli angioini. Si provvide quindi, con Ludovico di Taranto, alla fortificazione dei principali siti in Contado del Molise ed in Terra di Lavoro. Si assistette quindi ad una radicale ricostruzione di numerosi manufatti fortificati, oltre che alla realizzazione di complessi totalmente nuovi. Il modello non poteva, per le nuove architetture fortificate, che essere di ispirazione francese, visto il seguito di maestranze d'oltralpe che accompagnarono il nuovo monarca. I caratteri tipici dell'architettura difensiva, particolarmente in Campania, a partire dalla fine del XIII secolo, consistono innanzitutto in una nuova sezione delle torri, circolare e non più quadrata, e nell'apparato a sporgere continuo posto alla sommità dell'impianto. Quest'ultimo acquisisce, unitamente al conservarsi di un accentuato verticalismo delle strutture, particolare rilievo per l'esercizio del principio della difesa piombante, tecnica difensiva che si consolida e trova notevole campo di applicazione proprio durante la dominazione angioina. La pronunciata inclinazione verso l'esterno della parte inferiore delle torri, cioè la scarpa, costituisce il naturale complemento del sistema di beccatelli e caditoie posto in alto per garantire la massima efficacia all'applicazione di questa tecnica difensiva, procurando ai proiettili precipitati dall'alto e rimbalzanti poi sul tratto inclinato il massimo della letalità. La scarpa consentiva inoltre di tenere a distanza gli attaccanti, rendendoli
più vulnerabili al tiro dei difensori (che a loro volta potevano evitare di sporgersi pericolosamente) e neutralizzare in parte anche l'approccio con scale o torri d'assedio. Infine le fondazioni del manufatto risultavano fasciate e protette opportunamente per parare una nuova minaccia che già a partire dalla fine XIII e inizi XIV secolo comincia a profilarsi e ad indirizzarsi verso di esse: quella delle mine. E' infatti proprio di quel periodo l'acquisizione della polvere nera e la sua quasi contemporanea introduzione sui campi di battaglia soprattutto attraverso le prime rudimentali artiglierie lancianti proiettili di pietra. E' da questo punto di vista che si spiega l'altra grande innovazione dell'architettura difensiva angioina, cioè la sezione circolare delle torri, in grado di offrire la minor superficie d'impatto possibile alle palle in pietra, mitigandone così ulteriormente gli effetti distruttivi, di per sé già piuttosto modesti. E gli esempi oggi su cui poter verificare quanto esposto non mancano certo sul territorio: oltre alla linea delle torri costiere erette durante la guerra del Vespro cui è ascrivibile l'esempio di Castellamare della Bruca, paradigmatici appaiono gli esempi di Castelcivita (Salerno), di Castelnuovo Cilento (Salerno), di Lettere (Napoli) e di Prata Sannita nell'alto Casertano.