Summonte

Centro abitato situato alle falde del Monte Partenio, confina con l’area di storica pertinenza dell’abbazia di Montevergine. I resti del castello con la torre di età angioina si trovano ai margini dell’attuale struttura urbana che risale al XVI secolo, allorché il borgo medievale articolato intorno al fortilizio, fu demolito e la popolazione trasferita più a monte. E’ stato completamente restaurato tra la fine del XX e gli inizi del XXI secolo.
Notizie storiche
La torre fu elevata sui ruderi di un castello appartenuto ai Malerba, feudatari di età normanna. Il fortilizio originario, risalente agli inizi del XII secolo, aveva una recinzione in pali lignei. Fu modificato nel periodo federiciano trasformandolo in una sorta di balium militum quadrangolare in muratura di bozze di calcare, che è stato messo in luce dagli scavi archeologici e che aveva agli angoli delle piccole torri cilindriche e all’interno vari ambienti rivestiti da intonaco. Al centro si elevava un mastio a base rettangolare. Questa struttura, sistemata su un rilievo roccioso opportunamente adattato, restava al centro di un borgo difeso da mura cui si accedeva attraverso almeno tre porte, tra le quali c’era quella dedicata a S. Nicola. Il castello svevo fu distrutto dagli angioini che, poi, edificarono al suo posto la torre cilindrica con base a scarpa, oggi ancora visibile, incorporando l’antecedente mastio. La torre restò in funzione fino al XVI secolo quando ad opera dei nuovi feudatari, probabilmente i Doria, fu effettuato un radicale cambiamento con l’edificazione di una roccaforte di notevole rilevanza strategica. Il centro abitato e le fortificazioni medievali furono smantellati e la popolazione fu costretta in gran parte a trasferirsi all’esterno delle mura, dove fu fondato un insediamento pianificato con impianto viario approssimativamente ortogonale (il “borgo nuovo” di cui persiste il toponimo). La torre, in questa circostanza, fu trasformata in un ridotto e alla sua base furono aperti tre varchi per posizionare le bocche da fuoco. Questa possente postazione militare aveva probabilmente lo scopo di assicurare il tranquillo sfruttamento dei boschi per la marineria napoletana e nello stesso tempo integrarsi al sistema dei presidi territoriali collocati nei nodi dei principali percorsi del Mezzogiorno interno secondo un disegno più ampio attuato nella prima metà del cinquecento. Poco dopo le fortificazioni vennero progressivamente abbandonate e la stessa torre divenne rapidamente un rudere.
Dati caratteristici
La torre, alta intorno ai sedici metri, misura, al di sopra della base a scarpa, un diametro di circa undici metri. E’ costruita da una robusta apparecchiatura muraria in bozze di pietra calcarea estratte in cave lontane e quasi sicuramente ricoperta da intonaco. Quattro solai lignei collegati da una ripida scala, anch’essa in legno, ne dividevano lo spazio interno. In basso si trova una cisterna alimentata da una pluviale incassata nel muro e proveniente dal terrazzo di coronamento, dove esisteva una merlatura perimetrale poggiante su beccatelli di cui non si sono trovati resti. Si accedeva all’interno della torre attraverso una stretta scala in pietra che girava intorno alla base a scarpa e si fermava al primo livello davanti ad una porta di ridotte dimensioni. Dai vari piani, attraverso monofore e feritoie orientate in direzioni diverse, si controllava il paesaggio circostante con preferenza per i versanti montani.
Bibliografia minima
F. Scandone, Documenti per la storia dei comuni di Avellino, Avellino, 1956-64;
P.M. Tropeano, Montevergine nella storia e nell’arte, Napoli, 1973;
F. Bove (a cura di), Partenio. Storia di un territorio, Bari, 1993.
Autore: Francesco Bove